Oggigiorno “la posta elettronica, le transazioni bancarie, le carte di credito e le comunicazioni per telefonia mobile sono protette da chiavi segrete che si basano
sulla difficoltà di scomposizione in fattori primi in tempi rapidi dei grandi numeri, composti da diverse centinaia di cifre. Nella mente di quanti non hanno chiaro l’argomento si insinua il timore che se qualcuno un giorno risolve positivamente
l’ipotesi di Riemann allora i sistemi informatici, la cui sicurezza fa affidamento alla complessità di individuazione dei numeri primi, possano correre il rischio di essere facilmente violati.
In proposito, tra il serio e il faceto, l’amico Dario mi scrive: “Consideriamo una cosa....oggi il mondo e la sicurezza sono devoluti ai numeri primi ed al fatto che non si sa come definirli....oggi appena una venisse
fuori dicendo l'ipotesi di Riemann è vera....gli sparano....hehehe”. Ciò mi da l’occasione di prendere in considerazione un aspetto della problematica.
Qualora qualcuno dovesse effettivamente risolvere positivamente l’ipotesi di Riemann la sicurezza informatica non avrebbe niente da temere poiché tale ipotesi dimostrerebbe che la rarefazione dei numeri
primi si protrae all’infinito secondo la formula di Gauss cioè seguendo un flusso costante che non è destinato a subire contrazioni o dilatazioni a sorpresa nelle regioni numeriche attualmente sconosciute. Quindi, sebbene ciò sarebbe
una conferma indiretta che i numeri primi seguono una regola nella loro distribuzione (come in effetti è) e che questa non è dovuta alla pura casualità (come in effetti è) essa comunque non spiegherebbe automaticamente quale effettivamente
sia tale regola. Inoltre, la dimostrazione della ipotesi di Riemann di sicuro non consentirebbe di ricavare formule in grado di sfornare numeri primi. Sulla soluzione della ipotesi di Riemann si sono create delle false aspettative poiché
il ricavare certezza sul regolare flusso della rarefazione dei numeri primi non aiuta implicitamente a capire quale sia la legge matematica che ne regola la distribuzione e tanto meno essa è in grado di aiutare i matematici ad approntare una formula
che sia in grado di sfornare solo numeri primi.
Non vi è, quindi, automatismo tra la eventuale dimostrazione della ipotesi di Riemann e la conoscenza del fenomeno
che regola la distribuzione dei numeri primi. Ciò nonostante i meno esperti, in assenza di una “stella polare”, sospettano che una volta conosciuta la legge matematica che regola la distribuzione dei numeri primi allora
si potrebbero individuare con delle semplici formule tutti i numeri primi e questo fatto probabilmente consentirebbe gli attacchi ai sistemi informatici, quindi si renderebbe necessario trovare altre tecniche di sicurezza
telematica.”
Al contrario, la legge matematica che regola la distribuzione dei numeri primi, da me individuata per vie molto più “primitive”
rispetto a quella prospettata da Riemann, seguendo sentieri altrettanto sconosciuti ai matematici, di fatto fornisce molte più risposte rispetto a quelle che potrebbe fornire la prospettata ipotesi di Riemann, in quanto innanzitutto consente
di comprendere in quali aree numeriche si trovino i numeri primi, poi, una volta compresa la esatta dinamica della loro aritmia posizionale, consente di capire per quale motivo non si può comunque stabilirne la loro esatta collocazione. Grazie
alla precisa analisi delle perenni proprietà specifiche dei numeri di forma 6k±1, si comprende anche l’esatto motivo che determina la rarefazione dei numeri primi, in quantità pressoché costante, sia nelle aree numeriche
conosciute che in quelle ancora ignote.
La scoperta delle costanti posizioni di determinati elementi appartenenti a tutte le “stanze quadratiche” i cui divisori Mm sono determinabili
tramite appositi formulari, pone effettivamente delle criticità per la stabilità del sistema Rsa, stante che i formulari consentono di scomporre in fattori, secondo metodi ignoti ai matematici, numeri di qualsiasi dimensione. Insomma, le
stanze quadratiche e i divisori Mm, pur rivelandosi una miniera di nuove informazioni matematiche, si prestano a divenire base per sempre nuove ulteriori scoperte matematiche ancora ignote ai ricercatori.